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Convertito in Legge il DL FARE

Convertito in Legge il DL FARE

Con la pubblicazione della Legge 9 agosto, n.98 viene approvato, con modificazioni, in modo definitivo il Decreto Fare, DL 21 giugno 2013, n. 69 recante disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia. La legge è entrata in vigore il 21 agosto 2013.

Gli articoli 41, 41bis, 41ter, 41 quater apportano modifiche sostanziali alla normativa ambientale, come già anticipato nelle newsletter di giugno e agosto.

In sintesi riportiamo i contenuti dei 4 articoli.

Art. 41 – Disposizioni in materia ambientale

Sostituzione dell’art. 243 del d.lgs. 152/2006 Gestione delle acque sotterranee emunte

Il primo comma sostituisce l’art. 243 del d.lgs. 152/2006 – Gestione delle acque sotterranee emunte – con un nuovo articolo che riguarda la bonifica delle acque di falda contaminate tenendo conto al contempo del risparmio idrico; vengono definite le diverse casiste per il trattamento, lo scarico in fognatura e in corpo idrico recettore, così come la reimmissione in falda previo trattamento delle acque nello stesso acquifero da cui sono emunte ai fini della bonifica anche con cicli ripetuti, sempre ai fini di garantire un’effettiva riduzione  dei  carichi  inquinanti  immessi nell’ambiente.

Integrato l’art. 184-bis del d.lgs. 152/2006 con il comma 2 bis

Si conferma l’applicazione del DM 161/2012 solamente alle terre e rocce  da  scavo che provengono da attività o opere soggette a valutazione d’impatto ambientale o ad autorizzazione integrata ambientale.

Confermate le disposizioni per le “matrici materiali di riporto”

Con la modifica dei riferimenti al termine “suolo”, apportate dal comma 3, si amplia l’interpretazione autentica dell’articolo 185 del d.lgs. 152/2006, riportata nell’art. 3 del DL 2/2012.

Di fatto tale interpretazione amplia le esclusioni previste dall’art.185 “Esclusioni dall’ambito di applicazione” del D.Lgs. 152/2006 stabilendo che ”Ferma restando la disciplina in materia di bonifica dei suoli contaminati, i riferimenti al “suolo” contenuti all’articolo 185, commi 1, lettere b) e c), e 4, del d.lgs. 152/2006, si interpretano come riferiti anche alle matrici materiali di riporto di cui all’allegato 2 alla parte IV del medesimo decreto legislativo, costituite da una miscela eterogenea di materiale di origine antropica, quali residui e scarti di produzione e di consumo, e di terreno, che compone un orizzonte stratigrafico specifico rispetto alle caratteristiche geologiche e stratigrafiche naturali del terreno in un determinato sito  e utilizzate per la realizzazione di riempimenti, di rilevati e di reinterri.”

Dal punto di vista applicativo, la norma specifica che ai fini di tale esclusione, le matrici materiali di riporto devono essere sottoposte a test di cessione effettuato sui materiali granulari ai sensi dell’articolo 9 del DM 5 febbraio 1998, per escludere rischi di contaminazione delle acque sotterranee e, ove conformi ai limiti del test di cessione, devono rispettare quanto previsto dalla legislazione vigente in materia di bonifica dei siti contaminati.

Nel caso risultino non conformi ai limiti del test di cessione le matrici sono fonti di contaminazione e come tali devono essere rimosse o devono essere rese conformi al test di cessione tramite operazioni di trattamento che rimuovono i contaminanti o devono essere sottoposte a messa in sicurezza permanente utilizzando le migliori tecniche disponibili e a costi sostenibili che consentono di utilizzare l’area secondo la destinazione urbanistica senza rischi per la salute.

Art. 41-bis Ulteriori disposizioni in materia di terre e rocce da scavo

Ad esclusione dei materiali da scavo di progetti sottoposti a VIA o ad autorizzazione AIA per cui vige il DM 161/2012, per tutti gli altri casi è possibile utilizzare tali materiali come sottoprodotti ai sensi dell’art. 184-bis del D.Lgs. 152/2006, qualora si rispettino le 4 condizioni stabilite dalla norma, in breve riportate:

  • sia certa la destinazione all’utilizzo;
  • non siano superati i CSC di cui alle colonne A e B della Tab. 1 alla parte IV del D.lgs. 152/2006 in riferimento al sito di destinazione;
  • in un ciclo di produzione successivo non vi sia il rischio di determinare effetti negativi per la salute nè variazioni qualitative o quantitative delle emissioni rispetto al normale utilizzo delle materie prime;
  • non sia necessario, ai fini del riutilizzo, sottoporre i materiali da scavo ad  alcun preventivo trattamento, fatte salve le normali pratiche industriali e di cantiere.

Tali condizioni valgono sia per i cantieri con una produzione di terre e rocce da scavo in quantità inferiori ai 6000 mc (comma 1 dell’art. 41-bis) che per quelli con produzione superiore ai 6000 mc (comma 5 dell’art.41-bis).

Inoltre il produttore o proponente dell’opera deve attestare  il  rispetto  delle condizioni di cui al comma 1 tramite dichiarazione resa all’ARPA.

Art. 41-ter  Norme ambientali per gli  impianti  ad  inquinamento  scarsamente significativo

Sono state integrate le tipologie di attività che possono rientrare tra gli impianti ad inquinamento atmosferico  scarsamente rilevante elencati alle parti I e II dell’allegato IV alla Parte V del d.lgs. 152/2006. Si citano i sylos per materiali vegetali, gli impianti di essiccazione di materiali vegetali impiegati da imprese agricole o a servizio delle  stesse, le cantine che trasformano uva nonché gli stabilimenti di produzione di aceto o altre bevande fermentate, frantoi.

Art. 41-quater Disciplina dell’utilizzo del pastazzo da agrumi

Il Parlamento delega il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare ad adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, un decreto contenente disposizioni che consentano la produzione, la commercializzazione e l’uso del pastazzo quale sottoprodotto della lavorazione degli agrumi  ad  uso agricolo e zootecnico, sottraendolo in modo definitivo alla disciplina dei rifiuti.

Articolo pubblicato il 28 Agosto 2013

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